RR 074 | 7 Ragioni per NON aprire un Ristorante

Le ragioni per aprire un ristorante sono sotto gli occhi di tutti: sei a contatto con il pubblico, fai pubbliche relazioni, sei in vista, il tuo ego è gratificato, ti senti un gran figo, se ci sai fare fai anche due soldi, mangi e bevi bene… Ma ci sono anche delle ragioni per NON aprire un ristorante che molti non vedono o fanno finta di non vedere. Quindi, dopo averne viste di cotte e di crude per 11 anni, voglio darti 7 ragioni per NON aprire un ristorante.

Bentrovata e bentrovato, qui al microfono c’è sempre il tuo, il vostro, il nostro Lorenzo Ferrari che come sempre sono io. Bando alle ciance, andiamo e partiamo subito.

Ragione #1 Non è detto che ti piaccia

Di solito chi apre un ristorante lo fa in due casi:

  1. O è già nel settore, perché fa il cuoco, il cameriere o il barista;
  2. Oppure lo fa perché gli piace cucinare, visto lo fa a casa per gli amici, e gli solletica l’idea di farlo in modo professionale, per decine, centinaia e migliaia di persone. Del resto, tutti gli fanno i complimenti, cosa potrebbe mai andare storto?

Se rientri già tra i professionisti, salta pure questo passaggio: è chiaro che ti piace il settore, ascolta gli altri 6 punti che riguardano anche te 🙂

Per tutti gli altri state con me, perché parliamo di voi.

Il mio consiglio, prima di aprire, è semplice: vai a lavorare per altri. C’è il caso che scopri che non ti piace fare il ristoratore. C’è differenza tra cucinare a casa e cucinare in una cucina professionale, c’è differenza tra servire nel salotto di casa tua e in una sala gremita con 100 persone a sedere e c’è differenza tra fare l’oste nel weekend e fare il ristoratore. E di differenze ce ne sono n-mila, ma ti cito le prima 5 che mi vengono in mente:

  1. A casa tua è gratis, al ristorante si paga. Chi mangia gratis fa i complimenti a prescindere. Chi paga pretende. E fa il capello in quattro, fidati che lo fa;
  2. Quantità. Sembra una sciocchezza, ma un conto è fare una carbonara per 6 amici accomodanti e disposti ad aspettare, un altro è farlo per 60 persone, in mezz’ora. Cambia tutto;
  3. Feedback taglienti. A casa ricevi complimenti, al ristorante ricevi le recensioni che, fidati, fanno malissimo. E credimi che i clienti sanno essere crudelissimi e senza un briciolo di pietà. C’è gente che si sente male a leggere le recesioni;.
  4. Vitademmerda: scusa se l’ho detta in francese, ma è da dire: a casa fai una cena a settimana, al ristorante fai 7 cene a settimana e probabilmente 7 pranzi. 
  5. Lavori mentre gli altri si divertono (non solo durante le festività, ma tutte le sere e le notti, sei veramente pronto?) ed è un lavoro fisico e mentale, di fatica e di stress;

Quindi fidati del Lorenzo, che di ristoranti ne vede 1.000 e più l’anno: prima di aprire il tuo, vai a lavorare per qualcun altro. E testa sulla tua pelle se ti piace davvero fare quel mestiere o se ti piace l’idea, idealizzata e romanticizzata, di fare quel mestiere. Sono due cose molto diverse tra loro.

Ragione #2 Business su strada

Un ristorante è una cosiddetta “attività immobile”. Non si può spostare da lì. Se sei a Milano, a Milano rimani, se sei a Mestre, a Mestre rimani, se sei a Lido di Camaiore, lì sei e lì rimani.

Questo porta con sé tutta una serie di svantaggi, tra i quali la facilità d’accesso da parte degli organi di controllo, che non sono rari come si dice, anzi, spesso arrivano di sabato sera, l’ingresso su strada che facilita ladri, ladruncoli o semplici vandali, il fatto che non si possa realmente fare selezione all’ingresso e quindi selezione del target eccetera, ma soprattutto…

…Il fatto di essere un’attività su strada ti costringe a doverti rivolgere ad un target piccolo o piccolissimo. Infatti, spesso e volentieri, un’attività geolocalizzata si rivolge ad un target territoriale, locale, di prossimità. Pensa al target di Amazon, Apple, Google o Facebook: sono più o meno 6 miliardi di individui sparsi in tutto il mondo. Ma pensa al mio: 338.888 ristoranti in Italia. Ora pensa al tuo: se arrivi a qualche decina di migliaia di persone puoi ritenerti estremamente fortunato!

Il segreto, invece, per un’attività florida e di successo è quello di rivolgersi a TANTISSIMI clienti e TANTISSIMI clienti potenziali.

Ragione #3 Tanta, troppa concorrenza

Ti voglio dare 3 numeri. 

  1. In Italia ci sono 331.888 attività di ristorazione, uno ogni 177 italiani;
  2. Ogni anno chiudono una media di 26.261 (è una statistica fatta dal nostro Osservatorio Ristorazione su dati Infocamere, la media è degli ultimi 10 anni, 2014-2024)
  3. Ogni anno aprono in media 13.000 nuove attività di ristorazione, sempre calcolo fatto negli ultimi 10 anni.

Non sono numeri gonfiati, sono numeri veri, verissimi. Questo per dirti che:

  • Non sei l’unico o l’unica a cui è venuto in mente di aprire un wine-bar con le tapas e i vini naturali, c’è tanta gente che lo sta pensando esattamente in questo momento, come te, e che si sta dicendo “Nel mio caso sarà diverso, io farò qualità!”
  • I numeri ci dicono che è probabile che non ce la farai; 
  • No, la ristorazione non è un “business rifugio”, e fino a qualche anno fa era così. Oggi con un bar è probabile che ti fai 200.000€ di debiti.

Per citare Morandi: Uno su mille ce la fa. 

Tuttavia, c’è da dire che chi ce la fa, ce la fa! La Ristorazione è un settore meritocratico, se vali, la gente arriva.

Ragione #4 Magazzino deperibile

Non ci si pensa mai, ma il magazzino di un ristorante è deperibile; va letteralmente nel bidone dell’umido se non lo vendi, insieme ai tuoi guadagni. Non è che c’hai in casa componenti elettronici, bulloni o copertoni, che hanno una shelf-life di qualche anno.

La shelf-life di un alimento è qualche giorno, qualche settimana, qualche mese in alcuni casi. Ma significa che se non vendi esattamente quel che pensavi di vendere, diventa non solo un costo, che di per sé è parecchio fastidioso, ma persino uno scarto.

E credimi che, per alcuni, sprecare e buttare così tanto cibo è una parte psicologica molto importante della cosa. Ci sono certamente alternative, ma credimi che ti troverai a buttare tanto, troppo. E ti farà pensare parecchio.

Ragione #5 Business capital-intensive 

“Capital-Intensive” è un modo molto complicato per dire che se per aprire un locale servono i soldi. In un’intervista sul Corriere ho stimato facendo i conti con l’accetta, quindi prendili con le pinze, che con meno di 200.000€ è meglio se stai fermo.

Sì, lo so che tuo cugino t’ha detto che ha aperto con sette noccioline e uno scudo toscano trovato sotto al tappeto di nonna Lucrezia, ma sappiamo entrambi che tuo cugino è anche quello che mette in imbarazzo tutti alle cene di Natale, non è affidabile.

E so anche che con meno si può aprire un ristorante e fare bene. Però, fidati di uno che non ha alcun conflitto d’interessi nel dirti che con meno di 200.000€ stai rischiando di non pagare tutto, di aprire di corsa per necessità di incassare e finire di pagare tutto o di rischiare di fare i lavori male.

Però c’è l’altro lato della medaglia: che un ristorante è un’attività estremamente liquida. Incassi subito, hai spesso pagamenti dilazionati di diversi giorni, settimane o mesi. Se sai gestire la liquidità, fai belle cose.

Però c’è un terzo lato della medaglia (questa medaglia ha tre facce, è una medaglia top!) che è questo: con la ristorazione, se fai i soldi, non è detto che siano tanti, ma se perdi soldi, credimi, si fa presto a farsi davvero male.

Mediamente eh, so che ci sono meravigliose eccezioni. Ma sto generalizzando. 

Ragione #6 E people-intensive

Se i soldi non sono un problema, e credimi, i soldi non sono mai un problema se sei in grado di restituirli con un piccolo interesse, le persone lo sono decisamente.

Perché per gestire un ristorante hai bisogno di TANTE persone per gestirlo. Cuochi, commis, camerieri, runner, sommelier, store manager, marketing manager, amministrativi, controller e chi più ne ha più ne metta. Tipo i Rotoloni Regina, che non m’han pagato per citarli: non finiscono mai.

E hai un bacino microscopico dove trovarle (ricordi il tema delle location immobili? Ecco, se per i clienti te la puoi cavare, con i dipendenti è un vero e proprio dramma!), hai bisogno di skill per selezionarle, formarle, fidelizzarle, cercarne altre perché il turnover è inevitabilmente alto.

Inoltre, scoprirai un universo fatto di colloqui fissati e poi bucati, di lamentele sui social dove ti danno del ladro e dell’evasore a prescindere, solo perché stai cercando personale, poi di esseri umani veramente incredibili ai quali non avresti creduto e invece sì, esistono e spesso e volentieri sono insospettabili, di vertenze sindacali, di cuochi che si ammalano di venerdì sera, di “ah ma io non avevo capito si lavorasse nel weekend, allora no torno a prendere il reddito di cittadinanza” e di tante altre meravigliose cose alle quali adesso non credi perché non le hai ancora vissute, ma ti ricorderai di queste parole appena le vivrai sulla tua pelle.

Ci sono anche dei professionisti? Certo, e sono la maggioranza. La ristorazione è piena di belle persone, di professionisti e di appassionati veri, che ti danno dimenticare i carciofi che trovi là fuori. Cercali, selezionali, non ti arrendere. Si trovano. Sono rari come l’intelligenza, ma si trovano.

Ragione #7 E skill-intensive

Cosa intendo? Intendo che devi saper fare praticamente tutto… 

Infatti ieri un ristoratore era uno che sapeva stare in mezzo alla gente, sapeva maneggiare due soldi, visto che girava un botto di nero ed era FACILE fare i soldi con un ristorante o con un bar, e tutto era più semplice, lento e alla portata di tutti.

Oggi un ristoratore è un imprenditore che deve essere skillato in almeno 4 aree: produzione, sala, amministrazione e finanza, marketing. Aiuta parecchio se sai gestire persone, ma questo lo imparerai strada facendo, il resto studialo prima, ti servirà;

Per dirti che non ti aspettare di morire in cucina o di passare le tue giornate in sala a descrivere la provenienza del Culatello di Zibibbo con la tua giacca doppiopetto in raso e i baveri lucidi, perché quello sarà una piccolissima parte del lavoro. Saranno 2-3 ore ben concentrate a sera, dove imparerai a godertele e a divertirti dopo anni di esperienza.

Ma il vero lavoro si fa fuori dal ristorante: tra buste paga, banche, piani editoriali, eventi, stampa, dipendenti, media, fornitori, acquisti e tutti i santi del calendario. Se sai a cosa mi riferisco.

Ciò detto, ribadisco quanto ripetuto allo sfinimento: uno su mille ce la fa. Ma chi ce la fa, ce la! E si ripaga ogni sforzo.

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