RR069 | Ristorazione: 4 Strategie per sopravvivere agli Agosters

Ogni anno, ad Agosto, l’Italia della ristorazione si riempie dei famigerati Agosters, quei turisti un po’ braccini un po’ maleducati, un po’ ingenui un po’ paraculi, che rappresentano l’incubo di ristoratori e albergatori. Ma sopravvivere si può. Oggi vediamo 4 strategie per fare fronte agli Agosters.


Bentrovata e bentrovato, qui al microfono c’è sempre il tuo, il vostro, il nostro Lorenzo Ferrari che come sempre sono io. 

Agosters è una parola che circola sul nostro gruppo Facebook da diversi anni, condivisa per la prima volta da Filippo De Sanctis, titolare di diversi ristoranti sulla costa dei trabocchi, in Abruzzo.

Da semplice gergo tra addetti ai lavori è diventato un meme, poi la cosa è sfuggita di mano e ora ne parlano anche i giornali nazionali. Nel settore ristorazione, tuttavia, non è che sia altro se non un modo di esorcizzare il problema e trattarlo con la leggerezza che merita.

Giusto per farvi capire il livello, l’altro giorno ho letto sul gruppo: “Ma perché si chiama stagione dei turisti se poi non possiamo sparargli?”

Una domanda quantomeno lecita.

Ma un’altra domanda sorge spontanea: ma tutti i turisti di agosto sono Agosters? Ovviamente no, quindi ho deciso di scrivere un breve elenco di punti per riconoscere un Agosters:

  1. Primo punto. La Fiducia Irriducibile: l’Agosters prenota per 9 adulti e 2 bambini la sera del 14 Agosto per il pranzo del 15 e si stupisce che non trova posto, come se aspettassimo lui e solo lui;
  2. Secondo punto. Il Braccino Incontenibile: ordina 3 antipasti in 7 e due bottiglie d’acqua e si stupisce dello sputo nel caffè, scusa bro ma era doveroso;
  3. Terzo punto. La maleducazione di un daino in un negozio di porcellane cinesi: l’Agosters entra in ristorante con costume bagnato, ciabatte bagnate, capelli bagnati, scarponi interrati, zaini impolverati, lascia pannolini usati sul tavolo, spegne le sigarette nelle tazzine del caffè e lascia i nani urlanti attentare la vita dei camerieri. Dopotutto, lui è in vacanza, e si vuole rilassare, che sarà mai se la sua prole si diverte anch’essa…
  4. Quarto punto. La caratteristica più odiata da tutti i ristoratori italiani: l’Agoster ci prova. Lui ci prova. Cerca di eludere i sistemi di prenotazione online telefonando ad ogni ora del giorno e della notte, prenota nell’orario libero e poi prova a modificare la prenotazione nell’orario di punta, si presenta al locale dicendo che ha prenotato e poi si scopre che non è vero, chiede lo sconto perché è venuto anche 17 anni fa e c’era il titolare di prima, chiama da 52 numeri diversi per vedere se dici la verità e in generale fa perdere tempo, energie e anche soldi per gestirlo o cercare di gestirlo.

Allora vediamo 4 Strategie per sopravvivere agli Agosters, validi dalla stagione 2025 in avanti, visto che questa volge velocemente al termine ma soprattutto se ve l’avessi detto prima non mi avreste creduto.

Prima strategia: Porta Pazienza e ricordati che non tutti i turisti sono Agosters. 

Ora è bene dire che non tutti i turisti sono agosters. Ma al di là che siano ascrivibili come Agosters o meno, sapete che c’è? Che non conta… Niente.

Perché un cliente è un cliente: e i clienti pagano. E i clienti che pagano mantengono in vita l’attività, elargiscono gli stipendi di tutti, dal titolare al lavapiatti, e garantiscono con i loro eurini il futuro del locale.

In quest’ottica, che secondo me è l’unica che conta davvero, il cliente, sia esso Agosters o meno, ha sempre il diritto di essere trattato al top, servito e riverito e incentivato a tornare.

Se ci pensate, il nostro unico interesse — da imprenditori e titolari — non è stabilire chi abbia ragione, non siamo dei giudici e questo non è un tribunale, non è educare la nostra clientela, perché non siamo educatori e questo non è una scuola materna, ma è far godere al massimo i nostri ospiti, farli spendere il più possibile e farli tornare accompagnati da amici, famigliari, colleghi, perché noi siamo ristoratori e questo è il nostro business.

Questa è la REGOLA.

Ci sono eccezioni? Certo. Due nella fattispecie:

  1. Clienti fuori target. Tipo quelli da un antipasto in 5 e 3 bottigliette d’acqua, e pretendono di stare seduti un’ora. O anche quelli che trattano male il personale, che hanno aspettative da stellato con lo scontrino da trattoria, che non rispettano le regole e pretendono di farle loro ecc. ecc. Via, passi lunghi e ben distesi, che questa non è una ONLUS, non è un refettorio e non siamo gli educatori dell’asilo 😃
  2. Clienti maleducati. Questi vanno allontanati. Perché il simile attrae il simile (e la prossima volta tornerebbero con clienti altrettanto maleducati, non è scientifico ma quasi 😃) e perché l’atmosfera di un locale è creata anche dal comportamento dei clienti, che devono mantenere un atteggiamento consono a quella che è l’identità e il mood del locale nel quale si trovano.

Tutto questo presuppone abbondanza di clienti e non penuria degli stessi, lo so, ed è proprio per questo che serve il marketing: per possedere la cosiddetta “fuck you money”, quei soldini che ci mettono nella condizione di essere sereni, tranquilli e rilassati nel dire NO o FUCK YOU (sempre in modo professionale e pacato) ai pochissimi clienti che meritano un NO (perché sono pochissimi, è da dire)

Seconda Strategia: Fai marketing.

Potrebbe risultare banale dire di fare marketing in un podcast dedicato al marketing per la ristorazione, ma tant’è, il marketing è come andare in palestra: ne parlano tutti ma pochissimi lo fanno per davvero con costanza e dedizione.

Il marketing ti permette di ottenere due grandissimi vantaggi:

  1. Il primo è che attiri clienti di qualità. Gente che spende e spende parecchio. E questi ci sono, vanno in vacanza anche loro. Ma devi creare un ambiente che sia perfetto per attirarli. Per catturare farfalle non ti serve un retino migliore, ma uno splendido giardino fiorito. Quindi cura il giardino. Ad esempio, vuoi appassionati di vino che spendono 200€ a bottiglia come se fosse prosecco? Ti tocca 1 avere le suddette bottiglie in carta e 2 farci marketing attorno. Vuoi gente che ti sceglie per la tua offerta e non per la location in cui sei? Devi curare maniacalmente la prima e lasciare che la seconda sia un bellissimo plus. Comunica i piatti, le preparazioni, le storie dietro agli stessi, gli ingredienti, i fornitori, la cura e l’attenzione con cui fai ciò che fai. Non mettere solo foto del tramonto: quello è un di più, ma che inevitabilmente attirerà persone interessate solo a quello e non a ciò che vendi.
  2. Il secondo è che respingi i clienti di pessima qualità, Agosters compresi. Ce lo vedi un Agosters da Bottura a chiedere di scaldare la pastina alla creatura alle 17 di pomeriggio perché ha un languorino? Non si permetterebbe di farlo, perché il nome di Bottura lo precede e perché il marketing di Bottura lo disincentiva anche solo a pensare di provarci. Ma al bar sotto casa no. La differenza è il brand, e il brand fa sempre una grande differenza.

Inoltre, fare marketing significa anche non diventare a tua volta un Agosters. Perché ho una certezza: il simile attrae il simile. E se sei un fornitore di merda, stai certo che attirerai clienti di merda. Al contrario, se ami tuoi clienti spassionatamente, se non parti prevenuto pensando che sono tutti dei morti di fame, se ti prodighi per servirli e riverirli al top, facendoli godere come ricci, stai certo che loro arriveranno. La voce si spargerà. Se poi aiuterai il tutto con un buon marketing e una buona comunicazione, ecco che avrai il locale pieno di clienti in target. Quindi provaci e non arrenderti al primo segnale di braccino corto. Dai il beneficio del dubbio a quella coppia che sembra Agosters ma magari sono semplicemente trafelati dal viaggio e da una giornata no. Dai una seconda possibilità a quella famiglia che stasera ha speso poco ma magari domani tornerà e sboccerà Selosse.

Ricordati che fai il ristoratore: e come un sonno ristoratore rimette al mondo, il tuo ruolo dovrebbe essere quello di rimettere al mondo i tuoi clienti. Amali, stimali, apprezzali, falli godere fortissimo e loro faranno lo stesso con te.

Terza strategia: Tieni dei tavoli liberi.

Durante agosto è facile, anzi facilissimo, andare sold-out. C’è più richiesta di quanta tu ne possa soddisfare, ed è facile, ma controproducente, murare a tappo il locale con le prenotazioni.

Ma farlo ha anche svantaggi:

  1. Sei vittima dei no-show: se hai 50 coperti e ti tira il pacco un tavolo da 5 hai appena vinto un buco del 10%, sei proprio sicuro di poterti permettere che accada?
  2. Non giri i tavoli: ti serve walk-in, e se non lo incentivi, non accadrà mai;
  3. La fila è un potente strumento di marketing: permettila e incentivala. Perché quando un cliente arriva alla porta e chiede se c’è posto, tu hai due possibilità: dirgli di no, facendolo andare da un concorrente, oppure farlo attendere in coda, magari servendogli un aperitivo o altro, nell’attesa che un tavolo si liberi proprio per lui; pensaci!
  4. Non sai se hai la sala piena di prenotati “buoni” o “cattivi”, hai solo una lista infinita di nomi e cognomi, note sui bambini e sui seggioloni: ma spenderanno? Lo scoprirai quando è troppo tardi.
  5. Ultimo, ma non per importanza, scontenti i clienti fissi che rischiano di non trovare posto nel loro locale preferito, scegliendo la concorrenza per cause di forza maggiore.

Certo, hai anche vantaggi: come la ragionevole certezza di lavorare, l’ordine e la cura con cui potrai preparare tutto. E se questi vantaggi superano gli svantaggi, continua pure così.

Il mio consiglio è semplice: tieni dal 5 al 20% dei tavoli liberi, non prenotabili né online né al telefono, per dedicarli ai walk-in. Così, telefonicamente potrai dire ai clienti in esubero di provare a passare per vedere se c’è un tavolo libero, genererai fila e quindi passaparola, e a conti fatti ottimizzerai i conti della serata, lascerai spazio ai clienti top che ti frequentano durante l’anno, darai la possibilità ai clienti TOP di turno di sentirsi importanti ecc. ecc.

Lo facciamo da anni, quando un tuo collega mi mostrò, numeri alla mano, come cambiano i conti lasciando la sala libera in parte per accogliere i clienti top o i walk-in. Prova, non te ne pentirai.

Quarta strategia: De-stagionalizza.

Se non vuoi solo Agosters, devi lavorare con i clienti local o devi lavorare tutto l’anno. Se lavori solo perché la tua location si riempie durante la stagione, sei vittima delle circostanze.

De-stagionalizzare significa anzitutto rimanere aperto durante il resto dell’anno. “Eh Lorenzo facile a dirlo ma non c’è gente fuori stagione!” in alcuni casi è vero, in altri no. Non sono nel tuo locale e non ti sto facendo una consulenza, ma ti sto dicendo che de-stagionalizzare può rappresentare una bella opportunità.

De-stagionalizzare vuol dire anche aprire un altro locale in altre zone della tuo località che lavorano tutto l’anno. Vuol dire spostarsi in altre zone d’Italia, vuol dire diversificare con altri business che lavorano tutto l’anno.

De-stagioanlizzare vuol dire comunicare e fare marketing tutto l’anno, dicendo che ci sei, che sei perfetto per i locals e che non sei il classico ristorante spenna-turisti.

Non facile, ma in alcuni casi è una scelta che paga.

Forza e coraggio allora, mancano pochi giorni e si torna alla normalità, fino all’anno prossimo!

#daicazzo

 

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