Prima o dopo, qualsiasi imprenditore nel campo del ristoratore viene “rapito” e “affascinato” dall’idea di aprire a Milano, che viene considerata da media, fornitori e ristoratori stessi come una vera e propria El Dorado italiana.
Città metropolitana, c’è il mondo, la moda, il design e il food che sarebbe la ristorazione, ma “food” fa molto più cosmopolita e internazionale. Quindi perché non investirci, su questo food, perché non lanciare il proprio brand a Milano, terra di opportunità, di lusso sfrenato, di vita notturna, di sfarzo e divertimento?
Molti imprenditori si convincono che Milano non veda l’ora di accogliere il loro brand. Con tutta quella mediocrità che c’è in giro, poca qualità, prezzi altissimi, servizi raffazzonati… Arrivo io, con la mia idea di ristorazione, anzi di “food”, tanta qualità, prezzi giusti… Spaccherò, non c’è dubbio! Se ce l’ho fatta a casa mia, ce la farò anche a Milano.
E poi si sa, Milano è una vetrina sul mondo. Il quadrilatero della moda, la finanza, le grandi aziende della consulenza… Avrò la possibilità di giocare in Serie A, diventerò grande!
Ora, sto parlando di Milano, ma sostituite pure “Milano” con qualsiasi grande città vi venga in mente, che rispecchia le caratteristiche che tra poco vi mostrerò. Londra, Shangai, Dubai, ditene una e va bene. Io parlo di Milano ma parlo di aprire in qualsiasi città che:
- Non conoscete, anche se pensate o credete di conoscere;
- Non vi conosce nessuno, anche se avete la percezione che non sia così, perché avete “qualche aggancio” che si conta sulle dita di una mano;
- Nella quale non avete “agganci” e quindi possibilità di fare pubbliche relazioni, di far fronte alle urgenze, né di avere il fornitore che vi risolve la magagna dell’ultimo minuto…
- Che è più costosa del luogo da cui provenite;
- E che in generale rappresenta molte più incognite rispetto ai punti fermi.
Volete la verità? Io ve la dico, poi fateci quel che volete.
Milano è la città più difficile d’Italia dove aprire un ristorante e farci soldi.
La ridico: Milano è la città più difficile d’Italia dove aprire un ristorante e farci soldi.
Perché? Me ne vengono in mente 57, di perché ma ve ne do 2 sennò facciamo notte. Alla fine vi dirò anche perché, invece, dovreste e potreste investirci. Ma vi chiedo di non dimenticare questi due perché, perché sono la pura, semplice e cristallina realtà:
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Per i costi, che sono altissimi rispetto a qualsiasi altra città italiana. La prima voce completamente fuori controllo? Gli affitti. Vi racconto un aneddoto. Era il 2019 e con una delle aziende che seguivamo (e che seguiamo ancora) ci trovammo a trattare una location particolarmente interessante. Ci arrivò una mail dall’agenzia immobiliare nella quale ce la proponevano e… Fu amore a prima vista. Location gigante, su due piani, zona top da ogni punto di vista perché all’incontro perfetto tra viabilità pedonale e di autoveicoli, alle porte del centro, vicino a stazione, servizi e in una zona stracolma di uffici, già adibita alla somministrazione alimentare quindi pronta per essere tinteggiata, riarredata e bam, si parte. Il classico treno che passa una volta nella vita: era da prendere a tutti i costi, nonostante l’affitto elevato ma tutto sommato ok data la location e prestigio: 30.000€ annui, con qualche decina di migliaia di euro di spese condominiali. Cioè, nella email si parlava di 300.000€ l’anno, ma era chiaro ci fosse uno zero in più a causa di un palese errore di battitura da parte di un agente immobiliare sbadato.
Quindi ci informammo. Era tutto come ci aspettavamo, ci guardammo negli occhi e fu chiaro che sarebbe stata nostra. Una sola cosa rimaneva da chiarire: l’affitto, e l’errore di battitura da parte dell’agente immobiliare. La merda arrivò al ventilatore quando scoprimmo che non c’erano errori di sorta, quella location costava 300k di euro l’anno. Raga, 300k di euro l’anno. Significa che MINIMO avremmo dovuto realizzare un fatturato di 3-4 milioni per pensare anche solo di iniziare a parlare di una marginalità adeguata. Che per carità, si possono pure fare, ma che fatica! E che spreco di soldi.
Capimmo immediatamente di essere stati parecchio naif e sempliciotti, e tornammo a valutare location che ci potevamo permettere, con con le pive nel sacco e un bagno di umiltà da andarsi a fare subito dopo. Chiaro, questo è e rimane un aneddoto, e anche a Milano esistono location abbordabili, ma sono rare come l’intelligenza. E qui stavamo parlando di pre-covid, dopo il quale la situazione è completamente sfuggita di mano. Oggi se chiedi quant’è di affitto ti danno i numeri del lotto. 23, 75, 82, 90! Ambo! Milano è cara, carissima, specialmente lato affitti. E il problema non tende a rientrare. Questo caro-affitti incide su tutti gli altri costi, persino su quelli del personale, perché anche loro, a loro volta, hanno affitti altissimi da sostenere e pertanto necessitano di stipendi più alti. Che a loro volta crea una spirale ascensionale riguardo la concorrenza con gli altri locali per accaparrarsi il professionista più giusto, e questa guerra si combatte a suon di 100€ di aumento, di bonus e di welfare. Tutte cose sacrosante, ma che sono da tenere in conto.
Milano costa! Milano costa tanto, troppo. E per un ristorante che soffre di marginalità basse, bassissime se paragonate ad altri business (penso alla moda e al design, altri due punti fermi di Milano, ma con marginalità doppie o triple rispetto al food). Insomma, vuoi aprire a Milano? Devi essere LIQUIDO, pronto ad investire TANTO e pronto a far fronte a spese FOLLI rispetto a qualsiasi altra città italiana. -
Per la concorrenza selvaggia. A Milano c’è il mondo. E ce ne sarà sempre di più. 1,35 milioni di abitanti, 8,5 milioni di presenze turistiche nel 2023, anno migliore di sempre, a Milano c’è TANTA gente, quindi tante opportunità. Ma ci sono anche TANTISSIMI locali di somministrazione. Nello specifico, visto che io i dati ce li ho perché presiedo l’Osservatorio Ristorazione, ci sono state, nel 2023, 17.711 attività di somministrazione ATTIVE e operanti. Di queste, 1.100 CHIUDONO ogni anno. MILLE E CENTO OGNI ANNO. RAGA, SONO TANTISSIMEEEEEE. Cioè il turnover è altissimo. Le insegne cambiano con una frequenza folle, che va velocissimo, più di ogni altra città italiana. 5 attività su 100 cambiano insegna ogni anno. E non c’è soltanto un tema di affollamento dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo.
A Milano c’è tutto. Vuoi mangiare cambogiano? Accomodati. Indiano? Prego. Etiope? Daje. Cucina meneghina classica? Negli ultimi 3 anni non si parla di altro, di tradizione, di ritorno alle origini, di osterie. Sembra che tutti abbiano riscoperto la cucina della mamma e della nonna dopo il Covid. E tutti ne parlano come se avessero avuto l’intuizione della vita! No raga è un trend palese e sotto gli occhi di tutti! Ancora, giapponese? Vai, ma rilancio: cucina nippo-brasiliana, l’evoluzione del sushi. Il locale tradizionale giapponese, il locale autentico cinese, quell’altro che fa kebab abbinato ai drink (ciao Emrah, ti amiamo!) e quell’altro che fa il pane con grani antichi coltivati sotto la madonnina, dalla stessa madonnina, di notte, scalza, mentre canta una canzone. Chef stellati come se piovesse, bar brutti di 150 anni fa idem. cocktail bar pettinati e cocktail bar per ricchi snob annoiati con la puzza sotto al naso e il mignolo alzato. A Milano c’è tutto e non c’è più bisogno di niente. Milano dà, Milano toglie: tante opportunità, ma infinite difficoltà. Milano non è l’El Dorado, fidatevi di uno che ci lavora da anni e vede I CONTI delle attività, non i comunicati stampa.
Vi ricordate la puntata del podcast dove parlo di proclami e di dati? Milano VIVE e PROSPERA di proclami, ma spesso si dimentica dei dati, che nasconde sapientemente sotto un tappeto persiano… Autentico dell’Iran, non c’è bisogno di aggiungerlo.
Questo per dirvi che cosa? Per demotivarvi ad aprire a Milano? Esattamente. è proprio così. Il mio consiglio da esperto è: prima di aprire a Milano serve fare tanta palestra a casa propria.
In realtà voglio farvi un’altra domanda che spero suonerà esattamente per la provocazione che è: per quale ragione dovreste cercare di aprire un locale in una città che NON è pronta ad accoglierlo perché non ne sente lontanamente il bisogno, affollata com’è, che costa moltissimo e nella quale è altamente improbabile che ce la facciate e ci riusciate?
Ve lo dico io perché, e c’è una sola risposta: EGO.
E G O
Cioè il peggior nemico del ristoratore. Apro a Milano perché fa figo, perché mi da un argomento di discussione a cena, perché mi fa apparire ricercato e cosmopolita agli occhi dei miei amici provinciali. E badate bene che quelli veramente di Milano fanno lo stesso ragionamento con Londra, New York, Singapore, Hong Kong. Siamo sempre la provincia di qualcun altro.
Volete aprire a Milano per fare business o per colmare delle carenze affettive? Son due robe diverse e io vi consiglio di farlo SOLO se volete farci business. Lasciate perdere l’ego e coccolatelo con degli hobby meno costosi rispetto a schiantare 3 o 400 mila euro per rifare un locale.
Non fatelo. Non subito almeno.
Prima di aprire a Milano, dovete essere SO-LI-DI a casa vostra. Ma per solidi intendo che potete permettervi di chiudere a Milano e non farvi male. Se aprite a Milano e la vs attività a casa non va bene / benissimo, lasciate perdere.
Bene, ora che vi ho detto perché Non aprire a Milano, vorrei dirvi perché, invece, aprirvi.
E le motivazioni sono le stesse di cui sopra, ma lette al contrario.
- Per i costi, che rappresentano delle barriere altissime per chi NON sa fare ristorazione;
- Perché a Milano c’è il mondo.
Tanti oneri, tanti onori.
Tuttavia, lo voglio ribadire a gran voce: per aprire a Milano vi serve sapere fare MARKETING in modo perfetto, ineccepibile, blindato.
Perché i milanesi e i turisti milanesi affollano già poche e ristrette insegne. MIlano è la città dei picchi: locali sold out per anni, che mandano via migliaia di persone ogni sera, che danno da lavorare a tutti i locali intorno a loro, e altri locali deserti che in 3 mesi han già chiuso ancora prima di iniziare.
I milanesi e i turisti che affollano Milano sanno già dove andare a mangiare e son felici così. Non vedono l’ora di scegliere i soliti noti e di lasciare deserti i tanti localini indifferenziati o che non ritengono all’altezza. Milano è un tritarifiuti perfettamente funzionante. Ti digerisce, ti dimentica e ti seppellisce sotto un mare di cemento, ferro e vetro che non te ne accorgi nemmeno.
Per emergere da quel grigiume, devi differenziarti. E devi farti conoscere nei modi e nei tempi corretti. Se lo fai, Milano ti accoglierà come una vecchia amica, ti farà conoscere tutti i suoi segreti e ti aprirà le porte ad un futuro roseo e sfavillante.
Ma non è semplice far breccia nei cuori dei milanesi. E io vorrei che non ve lo dimenticaste.
Come si fa breccia? Con il marketing. Con una Identità Differenziante di ferro, comunicata tramite un’Identità Coerente e tramite un sistema di acquisizione e fidelizzazione clienti creato ad hoc.
Se lo fate, spaccate.
Se non lo fate, venite spaccati. Come tutti quei 1.100 locali che ci provano ma chiudono ogni anno.