Ristorazione: la qualità non conta un c***o (ma questo conta moltissimo)

Se c’è una cosa che ho imparato in questi ultimi 12 anni di marketing per la ristorazione, in centinaia di casistiche trattate direttamente e in migliaia analizzate indirettamente, è questa:

La qualità non conta un c***o.

Ma siamo in fascia protetta. E poi questa frase non riassume così bene il mio pensiero. Quindi voglio riformulare come segue:

La qualità non è così importante come molti credono e sostengono.

Certo, se stai a sentire chef più o meno famosi, semplici appassionati, vere e proprie star della cucina, la risposta è sempre la stessa: “La qualità è l’unica cosa che conta”. Non è semplicemente vero.

Per un motivo molto semplice:

La qualità non è così importante perché i clienti non sanno riconoscerla.

O meglio, i clienti  ignorano cosa sia veramente la qualità. Diciamocelo: il cliente mediamente è un po’ ignorante quando si tratta di cibo e di qualità dello stesso. Sono convinto che su una media di 100 persone almeno 95 non saprebbero riconoscere, alla cieca, un filetto di maiale da uno di manzo, un branzino da un’orata o un limone da un cedro.

Non ci credi? Raduna i tuoi clienti e chiedi loro una semplice definizione di qualità. Ognuno di loro dirà qualcosa di diverso. Non riusciamo nemmeno a metterci d’accordo nel definire univocamente la parola “qualità”, figuriamoci ad attribuirla ad un ingrediente o ad un altro oppure a riconoscerla quando la incontriamo (ho approfondito molto in questo articolo dove parlo anche del tema degli “esperti”). Insomma, la questione è molto più complessa di una frase fatta proferita da qualche chef con eccesso di ego.

Ti faccio un esempio che riguarda me. Io sono un appassionato di vino. Non mi reputo di certo un “pro”, ma diciamo un “amatore informato”. E se c’è una cosa che mi piace fare, è bere alla cieca.

Senza pregiudizi di etichette, brand, marketing, ma solo io e il succo d’uva fermentato che ho nel bicchiere. A riguardo, non conto tutte le figure barbine che ho collezionato bevendo in questa modalità. Addirittura una volta mi è successo di descrivere come rosso un vino che in realtà era bianco. Insomma, sono sovente vittima di errori catastrofici, figure di palta e strafalcioni che si tramutano in sfottò epici da parte dei colleghi.

Ma questo, oltre a spingermi a cercare di migliorarmi ulteriormente, non toglie niente alla mia passione o alla mia formazione nel mondo del vino, semplicemente conferma ancora una volta che riconoscere la qualità — qualsiasi cosa significhi — è dannatamente difficile.

Ecco perché l’importanza della “qualità” deve essere fortemente ridimensionata per te che fai il ristoratore, specialmente se il tuo obiettivo è riempirti le sale di clienti in target. Se il tuo obiettivo è quello, sai cos’è che conta veramente?

La qualità non conta, ciò che conta è la PERCEZIONE di qualità.


Non conta cosa il cliente ha nel piatto, nel bicchiere o tra le mani, ma conta cosa crede di avere nel piatto, nel bicchiere o tra le mani. La partita non si gioca nella bocca del cliente, ma nella testa dello stesso.

Infatti la qualità dipende fortemente dalla percezione che abbiamo di essa.

A titolo di esempio, supponi di essere in Pizzeria e di aver voglia di una pizza dai sapori piccanti. Immagina questi due scenari

Scenario 1:

Diavola – 5€
Ingredienti: pomodoro, mozzarella, salame piccante

La tua onesta reazione: “Ok, la solita diavola. Speriamo che vada bene…

Scenario 2:

Lucifero 666
Con passata di pomodoro, mozzarella fresca, salame piccante della Macelleria Ferrari e un giro di Estrema Unzione (il nostro olio piccante fatto in casa, disponibile in tre versioni di piccantezza crescente: Fuoco, Lava e Inferno) – 8,50 €

Come avrai notato, gli ingredienti delle due pizze sono praticamente gli stessi. La seconda pizza ha un solo ingrediente in più: “L’Estrema Unzione”, un olio piccante fatto in casa — del quale puoi facilmente stimare il food cost. Eppure, con qualche accortezza, è possibile alzare il valore percepito di quella pizza passando da “semplice piatto” ad “esperienza”. Il tutto riuscendo a venderla a un prezzo sensibilmente più alto senza che nessuno batta ciglio.

La reazione del cliente medio di fronte ad una dicitura del genere: “Ah, però. Beh come minimo devo provarla…”

Stessi ingredienti, stessa pizza.

Stessa qualità, ma diversa percezione di qualità.

E, posso assicurartelo, diverso risultato. Infatti:

  1. La Diavola si dimentica, la Lucifero666 no. La prima è una delle tante diavole mangiate, la seconda è unica, differenziante e…
  2. Memorabile: infatti la Lucifero666 ti si attacca alle pareti del cervello e non vi esce più, la Diavola appena l’hai mangiata te la sei già dimenticata;
  3. E, infinte, statisticamente parlando, il cliente apprezzerà di più la Lucifero666 rispetto alla Diavola. Non fosse che se la ricorda… Se non ci credi, fai una prova tu stesso. Ripeti l’esperimento che ti ho appena mostrato nel tuo Ristorante e fai parlare i risultati. Non ho paura

ATTENZIONE: tutto questo non significa che devi prendere in giro il cliente scrivendo sul tuo Menù che utilizzi ingredienti che in realtà non utilizzi. Devi semplicemente dire la verità, detta in maniera tale da sfruttare la percezione di qualità a tuo vantaggio. Se fai questo vinci.

Il segreto è:

Verità, detta bene.

Parentesi doverosa: quindi se conta solo la percezione di qualità, devo servire mer*a e fregare i clienti? No.

Anzi. L’esatto opposto. E tra poco ti mostrerò che ci sono almeno 3 motivi per acquistare ingredienti di prima scelta.

Ma prima, una semplice constatazione di buon senso: se acquisti ingredienti “di qualità” — anche se io preferisco parlare di “prima scelta”, proprio per la difficoltà di definire il termine “qualità” — puoi sfruttare a tua volta la loro percezione di qualità, quando comprando ingredienti di seconda o terza scelta non potresti farlo.

Immagina di descrivere la tua Diavola dicendo la verità: “Salsa di pomodoro in offerta, formaggio simil-mozzarella tedesco, salame piccante avariato”… Non sarebbe proprio il massimo.

Insomma, acquistare prodotto di prima scelta ti da la possibilità di dirlo, che sono di prima scelta!

Ma ci sono almeno altri tre motivi per prediligere prodotti di prima scelta:

  1. Se non lo fai, attiri il peggior target di clientela possibile. Prodotti di bassa qualità significa prodotti a basso costo. Prodotti a basso costo significa ristorante low-cost (a meno che tu non voglia vendere me*da spacciandola per cioccolata 🙂 in quel caso, leggi il punto 3 di questa lista). Ristorante low-cost significa attirare solamente una determinata cerchia di persone: quelle che guardano esclusivamente al prezzo. E attenzione: è giusto che sia così. Se usi prodotto di scarsa qualità non riuscirai ad attrarre la cliente che cerca qualità. E ti troverai il Ristorante pieno di gente che non sa guardare oltre alla cifra segnata sullo scontrino. E queste persone, per un motivo o per l’altro, sono le stesse che guarderanno SEMPRE e COMUNQUE solamente al prezzo. Non solo, sono anche le persone più “vendicative”. Infatti…
  2. Se non lo fai, rischi un passaparola negativo devastante. Tutte quelle persone che vanno al Ristorante solamente guardando al prezzo più basso, spesso vivono in un mondo incantato tutto loro, fatto di pony rosa e arcobaleni scontati al 50%, dove la qualità NON viaggia di pari passo con il prezzo. La dura realtà è che la qualità, in ogni sua forma, si paga ed è giusto che si continui a pagare. Uno zucchino buono DEVE costare più di uno zucchino coltivato a radiazioni: spero che su questo saremo d’accordo. Ma queste persone non lo capiscono (o non lo vogliono capire) e finiscono sempre per voler spendere il minimo e ricevere in cambio il massimo. In una frase? Sono pronte a sputtanarti su Internet e con amici e conoscenti per un nonnulla. E rischi un passaparola negativo (che di questi tempi è amplificato dal fattore Facebook e TripAdvisor) devastante.
  3. Ultimo, ma non per importanza, se non lo fai, rischi di essere etichettato come quello che “c’ha provato”. Se acquisti a prezzi stracciati prodotti dalla dubbia qualità rivendendoli con un margine non giustificabile, rischi che la gente – che scema non è – urli allo scandalo senza pensarci due volte. Intendiamoci: è praticamente impossibile che ti becchino con le mani sporche di marmellata. Dopotutto, pensaci: se bendassimo ognuno dei tuoi clienti durante la cena, in quanti saprebbero riconoscere un filetto di maiale da uno di manzo? Te lo dico io: ben pochi. Quindi, se vuoi giocare “sporco” – e io, bada bene, non te lo consiglio per i motivi che ti ho elencato sopra – puoi dormire abbastanza tranquillo. Ma, purtroppo, nell’era dove i cuochi passano più tempo in televisione di quello che passano in cucina, le persone stanno iniziando ad affinare i sensi e ad aguzzare la vista quando si parla di cibo e di qualità dello stesso: sono più attente alle provenienze, fanno più domande e si interessano maggiormente a ciò che proponi e di come lo proponi nel tuo Ristorante. Quindi, anche se lasciassimo il discorso “etica” da parte, basterebbe un attimo e tutto il tuo giochino del “compro il salmone al Cash&Carry e lo rivendo come se l’avessi rubato direttamente dalle fauci del Grizzly intento a mangiarselo” potrebbe ritorcersi contro i tuoi affari e la tua attività moltiplicato di un fattore 100.

Ricordati che prodotto e marketing possono andare a braccetto. L’uno non esclude l’altro.

Stabilito questo, mi piacerebbe portarti tre tristi verità che spero ti facciano concordare con me sul fatto che – purtroppo – la qualità non conta alcunché.

Triste verità 1 – I clienti fanno associazioni illogiche

I clienti tendono a fare associazioni prive di logica…

  • Ad esempio potrebbero associare ad un Menù sgualcito, sporco e vecchio una cucina poco curata e una qualità bassa del cibo che servi (quando magari hai semplicemente avuto poco tempo per cambiare il Menù e, a proposito, se vuoi cambiarlo possiamo aiutarti).
  • Oppure potrebbero associare la tua promozione “2×1” sulla Carbonara ad una tua difficoltà finanziaria: “Guarda questi quanto sono disperati, regalano carbonare pur di racimolare qualche cliente!” 
  • Oppure, ancora, potrebbero collegare gli arredi ricercati e nuovi di pacca a dei prezzi… Alti. A proposito, non hai idea di quante volte abbia visto locali VUOTI perché svuotati semplicemente dall’arredo, che invece di funzionare come una calamita-attira-clienti, faceva l’opposto: da repellente per i clienti, nonostante i prezzi popolari e alla portata di tutti. Ma la realtà è che se sembri caro, SEI caro, indipendentemente dai prezzi che proponi. Se ti rivedi in queste situazioni, contattaci, possiamo aiutarti a cambiare la percezione che la tua clientela ha di te.

Tutte queste associazioni non sono supportate da un vero rapporto di causa-effetto: sono convinzioni infondate, eppure così diffuse da sembrarci del tutto naturali. Non c’è un vero nesso causale tra un menù sgualcito e la qualità di ciò che proponi, ma i clienti lo assoceranno lo stesso. Eccome se lo faranno.

Ma c’è anche una bella notizia: puoi sfruttare queste associazioni illogiche a tuo vantaggio.

Pensa al concetto di “Chilometro zero“: è totalmente illogico pensare che la qualità di un qualcosa dipenda da quanta distanza c’è dalla zona di produzione di quel qualcosa e il tuo Ristorante.

Ma tant’è, la gente ci crede perché associa la zona di provenienza di un prodotto alla sua tracciabilità, alla sua freschezza, alla sua genuinità, al suo essere “bio”. Che magari è anche vero, ma magari anche no e l’agricoltore usa più prodotti di sintesi che una raffineria.

Esempio banale: io vivo nel cuore dell’Emilia, sono praticamente circondato da aziende, polvere sottili e tumori galleggianti nell’aria.

Ceramiche da una parte e aziende tessili dall’altra. Mi volete davvero fare credere che i pomodori che crescono a 100 metri da una ceramica siano più buoni di quelli cresciuti in un paradiso incontaminato dall’altra parte del mondo?

Io credo di no, ma ciò che credo non ha importanza: la gente ADORA il chilometro zero. E continuerà ad adorarlo fintanto che le associazioni illogiche apparterranno al nostro modo di ragionare.

Perché il “Chilometro zero” ispira fiducia, porta alla mente immagini ben nitide come il nonno che estrae la verdura dall’orto e la espone a favore di telecamera con le mani sporche di terra.

Sporco di terra = è buono, è genuino, è fresco, sono disposto a pagarlo 2€ in più al chilo. In realtà è semplicemente sporco di terra, ma ricordi? La gente fa associazioni illogiche.

Quindi sfruttalo a tuo vantaggio: cerca un produttore del quale ti fidi e che sappia fare il proprio lavoro BENE, nei paraggi del tuo Ristorante e dì a tutti i tuoi clienti che le materie prime sono… A chilometri zero.

Triste verità 2 – I clienti sguazzano nei luoghi comuni

Chiunque di noi conosce Antica Pizzeria da Michele. Poche pizze a menù, gestione familiare e decisamente verace, eppure numeri incredibili, si parla di 1000+ pizze sfornate ogni giorno. Sono numeri pazzeschi (onore al merito!) che fanno pensare: quel posto è pieno imballato ed è semplicemente adorato dal suo pubblico.

La migliore pizza di Napoli? Secondo molti, moltissimi, siamo ben lontani da questa definizione. Insomma, nonostante la qualità della Pizza e della Pizzeria sia messa in discussione da dati oggettivi, alla gente non interessa: la percezione di qualità di quel Ristorante è talmente alta da superare ogni pregiudizio.

E non c’è intervista o passaggio in televisione che regga: quella pizzeria è destinata ad andare alla grande ancora per molto tempo.

Insomma, il “luogo comune” in questo caso è il seguente: “la Pizzeria più rinomata della città”. Il ragionamento fatto dai clienti è il seguente: “se è così famosa, se ci hanno pure girato un film, se ci vanno tutti, ci sarà un motivo! Andiamoci anche noi!” 

Ma di luoghi comuni di questo tipo ce ne sono a bizzeffe. Ad esempio, la gente “va al mare” e si aspetta di mangiare pesce fresco. Magari il Ristorante in riva al mare acquista pesce vecchio di giorni per fare un po’ di cresta, ma la percezione di qualità ed il luogo comunque la fa da padrone: “il ristorante è in riva al mare e quindi il pesce sarà fresco” — questo è il ragionamento che fanno le persone. Altri luoghi comuni? Montagna = Porcini freschi — e magari è marzo.

I clienti sguazzano nei luoghi comuni. Tuo dovere, come imprenditore, è semplificare il tuo messaggio a tal punto da inserirlo all’interno di un luogo comune, pur rimanendo autentico e veritiero.

Triste verità 3 – I clienti vivono in un mondo di percezioni, e tu devi imparare a sfruttarle a tuo vantaggio

Insomma, lo avrai capito: il cliente non vive nella realtà, ma in una realtà fatta di percezioni, di luoghi comuni e di ragionamenti superficiali eletti sempre più spesso a dogmi. Un tizio diceva che “non si smuove la fede con la ragione“, e io gli do ragione.

Se questo sia un bene o un male non lo so, ma so semplicemente che è fondamentale imparare a convivere con questa consapevolezza e sfruttarla a proprio vantaggio.

“Come fare per sfruttare questa consapevolezza a proprio vantaggio” è la domanda da un milione di dollari.

La risposta che ti do io è semplice: impara a fare Marketing per la tua attività. Non puntare solo sul prodotto, solo sul servizio, solo sul rapporto qualità-prezzo e così via. Perché hai perso in partenza. Con il marketing invece hai i superpoteri.

Ma attenzione: non ti preoccupare se anche solo il nominare la parola Marketing ti fa venire la pelle d’oca, perché è normale che sia così.

Regna un sacco di confusione a riguardo, quindi è normale se hai dei pregiudizi. Ma voglio tranquillizzarti: fare Marketing non significa fare pubblicità, non significa fare riunioni accademiche pieni di inglesismi e non significa sprecare soldi in visibilità o “immagine”. E soprattutto, il marketing non è roba per grandi aziende. Prendi le mie, RISTORATORETOP e Plateform: viviamo di Marketing. E siamo in 45, mica in 4.500.

Quindi che significa fare Marketing?

Fare Marketing significa sfruttare le percezioni dei clienti a nostro vantaggio, per fare in modo che preferiscano noi piuttosto che tutti gli altri.

Eticamente parlando.

Ribadisco: ETICAMENTE.

Non voglio che si pensi che qui si stia incitando i Ristoratori di tutta Italia a “fregare” il prossimo, perché così non è. Qui si sta semplicemente incitando il Ristoratore italiano a dire la verità, ma detta bene!

Tutto qui.

Da dove iniziare? Dalla FORMAZIONE.

Si inizia dalla FORMAZIONE. Sempre e comunque.

👉 Perché senza formazione non sai cosa stai comprando. Se non conosci il marketing, ogni preventivo che ricevi da un’agenzia è come un menù scritto in ungherese, senza foto. Potrebbero dirti che una campagna da 1.500€ serve per “posizionarti meglio” e tu, non sapendone nulla, accetti. Ma… posizionarti dove? Per chi? Con quale ritorno? La formazione ti dà le basi per capire, valutare e decidere. E non farti fregare.

👉 Perché ti serve un navigatore, non un autista. Un’agenzia è come un autista: ti porta dove vuoi. Ma se non sai la destinazione, ti porta ovunque tranne dove ti serve. La formazione è il navigatore. Ti aiuta a capire dove vuoi andare e solo dopo puoi decidere chi ti ci deve portare.

👉 Perché senza strategia, ogni azione è un costo. Ti faccio una domanda secca: se spendi 800€/mese per postare 3 foto e 1 reel… ma non sai se portano clienti, è investimento o spesa? Senza formazione non puoi misurare. E senza misurare, stai solo sperando.

👉 Perché il marketing è tuo. Sempre. L’agenzia va, viene, cambia clienti. Ma il tuo ristorante rimane tuo. E la capacità di attrarre clienti non può dipendere da qualcun altro. La formazione ti dà il know-how per non essere mai più ostaggio. Puoi scegliere a chi affidarti da competente, non da ingenuo.

Il primo, doveroso, passo è quello di partecipare a Food Marketing Mastery, il corso di riferimento sul marketing per la ristorazione in Italia, che ti spiega, una volta per tutte, TUTTO quello che devi fare per avere il ristorante pieno, anche in settimana.

Questo corso è ciò che devi fare:

  1. PRIMA di investire in marketing;
  2. PRIMA di affidarti ad un’agenzia o a dei consulenti (anche a noi!)
  3. PRIMA di spendere anche UN solo euro in pubblicità di qualsiasi tipo.

Prima di spendere, devi capire perché e come. Farlo ad occhi chiusi equivale giocare a mosca cieca in autostrada!

Considera Food Marketing Mastery come la patente prima di acquistare una macchina. Prima di metterti al volante, devi conoscere le regole del gioco. O rischi di fare degli incidenti molto pericolosi e dolorosi.

Perché fidarsi?

✅ Il corso di riferimento sul marketing.

✅ 4 edizioni (prima nel 2016)

✅ +600 partecipanti.

✅ 98% grado di soddisfazione dei partecipanti.

Tra chi ha partecipato c’è chi ha:

👌 Aperto nuovi locali.

👌 Triplicato il fatturato.

👌 Raggiunto i 10M.

👌 Smesso di inseguire i clienti perché adesso li attira.

Clicca qui e dai inizio al tuo cambiamento.

Io ti saluto e ti auguro il meglio.

#daicazzo

Lorenzo Ferrari

Founder & Co-Owner

RISTORATORETOP®

P.S.

Vuoi approfondire? Ascolta questa puntata di Radio Ristorazione:

 

10 risposte

  1. Salve Lorenzo e sinceri complimenti per il vostro lavoro! Volevo chiedere se e’ possibile avere una vostra e-mail di contatto per scrivervi direttamente (in merito a fattibilita’ di idee cho ho maturato), visto che lavoro a contatto con il settore Risto da diversi anni in qualita’ di venditore per azienda che recupera oli esausti da frittura destinati al biodiesel. (nb porta a porta da sempre ma sto imparando strategie da VV). In realta’ se c’e’ un bisogno concreto e urgente che un ristoratore ha e’ proprio quello di “come acquisire clienti in sto momento della storia”. Quanti pianti e lamenti ho assorbito in questi anni di lavoro! Nb: ho gia’ lasciato mail per essere informata di quando il vostro corso sara’ disponibile, non vedo l’ora. Attendo riscontro. Grazie. Stefania

    1. Ciao Stefania! Grazie per il commento.

      Certo, scrivi pure a contatto@ristoratoretop.com e saremo felici di contattarti. Inserisci un tuo numero di telefono e un orario durante il quale puoi stare al telefono un po’.

      Per le lamentele dei Ristoratori: è normale. Piangono in molti. La differenza la fa chi al piangere aggiunge il fare e lavorare duramente. A presto!

      L

  2. Mi permetto solo di fare notare come il confronto tra i due menu proposti non sia molto aderente alla realtà di percezione della qualità, mi spiego:
    premesso che vivo e lavoro da sempre in Liguria, in una località dove passano migliaia di turisti all’anno, il menu 2 viene sistematicamente scartato quando si cerca una pizzeria, poiché puzza lontano un miglio di “furbata” (sarebbe più adeguato un altro termine ma è volgare e non lo uso), il menu 1 a parte la convenienza ci rimanda immediatamente all’onestà e semplicità che si ricercano quando si va a mangiare una pizza … ecco l’ho detto 🙂

    1. Ciao Carola, purtroppo ciò che riporti non è esatto.

      I nostri test dimostrano il contrario. La percezione del menù 2 è meglio del menù 1, e statisticamente il menù 2 viene ordinato maggiormente.

      Di contro il menù 2 ha semplicemente che alza le aspettative, e di conseguenza il prodotto servito deve soddisfarle o meglio, superarle.

      A presto!

  3. Buon giorno Carola da genovese residente mi permetto di commentare in questo senso, distinguiamo tra stranieri con la faccia da beoti e non è un’offesa buttata lì, basta vederli nel loro galleggiare nel nulla senza consapevolezza e i bene amati foresti senza offesa cmq italiani.l che sono più consapevoli.
    tuttavia la speculazione turistica penso abbia raggiunto il punto finale della bolla pronta a scoppiare e aggiungo finalmente. in particolare penso che un piatto di umili ma dignitose trofie non può arrivare a 12 24 Euro. Va bene il ricarico, va bene la stagionalità ma a tutto c’è un limite e dopo un po’ comincia a generarsi und sorta di risentimento, un senso di sfruttamento tipo mucca da mungere. Quindi per quanto si possa sbandierare la qualità e il km 10 (da Pra’ a Caricamento) il prezzo diventa arrogante e acqua volta il residente si sente danneggiato da un’infezione touristica fuori controllo. insomma alla fine si rinuncia alla quantità e quantità cioè si preferisce farsi le trofie a casa

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