RR 072 | Personale ROBOT nel Food: scenario utopico o no? 2 riflessioni

L’ultima edizione del Forum della Ristorazione si è tenuta a Marzo di quest’anno e ha visto coinvolti 1.000 ristoratori da ogni parte d’Italia, decine di sponsor e decine di personalità di spicco del nostro settore. Con il senno del poi posso dirlo: il vero valore del Forum è stata la diversità delle visioni di chi ne ha preso parte. A proposito di questo, ci sono stati due pareri completamente diversi a riguardo di una tematica scottante: il futuro del personale nella ristorazione, tra robot e umani. Ne parliamo oggi.

Bentrovata e bentrovato, qui al microfono c’è sempre il tuo, il vostro, il nostro Lorenzo Ferrari che come sempre sono io. 

Ho un credo: che le strade per raggiungere il successo siano infinite, perché infinite sono le definizioni di successo. Infatti credo che non ci sia un solo percorso, come tanti vogliono far credere, per andare da A a B, ma ce ne siano tantissimi, forse infiniti. E ognuno di questi percorsi permette di realizzarsi e di avere soddisfazione e risultati.

Al Forum della Ristorazione questo concetto è uscito in modo esasperato. Del resto, ho avuto il piacere di intervistare e ospitare personalità totalmente diverse tra loro per storia, obiettivi, risultati. Personalità come Marco di Giusto, Debora Massari, Francesca Nonino, Simone Ciaruffoli, Pietro Nicastro, Isabella Potì, Teo Musso e tanti altri. A proposito, sul nostro canale Youtube trovate il mio intervento di apertura, andate a vederlo.

A tutti ho chiesto quale futuro vedessero nel mercato della ristorazione, in particolare sul tema del personale. Due risposte mi hanno colpito particolarmente, poiché agli antipodi rispetto a forma e sostanza e le riporto.

Pietro Nicastro, titolare di Lowengrube che avrò sicuramente pronunciato nel modo incorretto, sosteneva una tesi difesa da molti: ci raccontava di come stesse già investendo in automazione, robotica, centri cottura e in generale in tutti quei processi che possono portare ad una standardizzazione — così importante per chi fa catena nel mondo del food — del prodotto, del servizio e degli ambienti. 

Ci parlava di come stia già provando a realizzare delle braccia meccaniche in cucina, dei nastri in sala per far fronte al problema del personale, che continua a non esserci, come ho già ribadito nella puntata di Radio Ristorazione dove rispondo a chi dice che per trovare personale basta pagarlo. Ecco, no, non basta pagarlo, e le azioni di questi imprenditori non sono altro che evidenze rispetto al fatto che la mancanza di personale sia IL problema per chi fa ristorazione e in particolar modo per chi sta cercando di evolvere in una grande catena organizzata.

Teo Musso, titolare di Baladin e amico di RISTORATORETOP dal lontano 2019, al contrario, sosteneva una tesi agli antipodi. Diceva: persone, persone, persone. Una frase mi ha colpito particolarmente: “Dobbiamo tornare a mettere al centro le persone. E dobbiamo insegnare alle persone a far stare bene gli altri, a godere nel farlo.”

Questi due punti di vista, se ci pensate, rappresentano l’eterno dilemma di chiunque lavori nel settore più bello del mondo: Macchine o umani? Robot o persone? Ferro, circuiti e valvole o carne, vene e tessuti?

Quindi? Chi ha ragione?

Esco ora dai virgolettati e da ciò che hanno detto gli intervistati e parlo a nome mio e mio soltanto, così da non mettere in bocca parole non loro a due imprenditori che hanno la mia ammirazione e meritano tutto il mio rispetto.

Ecco, secondo me non è il classico caso di “aut-aut” per citare Kierkegaard. Non è “o questo o quello”, ma dal mio  punto di vista hanno ragione da vendere tutti e due.

Per iniziare metto sul piatto due fatti, che credo siano incontrovertibili:

  1. Da un lato c’è una gravissima crisi del personale, che non c’è. E non è che manca solo il personale formato, manca proprio il personale in genere, anche quello a bassa-bassissima manovalanza. Mancano lavapiatti, runner, commis, camerieri, cuochi, mancano tutti. Chiunque sia dall’altro lato del bancone e riceve curriculum sa che la maggior parte chiede di lavori part-time o a chiamata e necessariamente NON nel fine settimana, perché giustamente vogliono andare loro a mangiare nei ristoranti e non a morire davanti ad una stufa o in sala vestiti da pinguini. Ma se nessuno cucina e porta piatti, chi li serve tutti quelli che non vogliono lavorare nel weekend? Una domanda a cui non ho risposta. 
  2. Dall’altro lato c’è l’esigenza da parte del pubblico di essere serviti, riveriti, coccolati e intrattenuti da personale in carne ed ossa, magari competente, che si prenda cura di loro, li porti attraverso un’esperienza enogastronomica, li faccia godere e che li metta al centro dell’attenzione.

Come avrete capito, i due punti di vista sono in totale contrasto. Ma credo che ci sia un punto d’unione e voglio fornire le mie 2 soluzioni a riguardo, che non sono poi altro che semplici riflessioni.

Riflessione #1 Ristoratore, non fare il luddista

Se non cogli la citazione, te la racconto. Ned Ludd, un tizio, la cui origine è altamente dibattuta, visto che ci stiamo ancora chiedendo se sia un personaggio realmente esistito o sia stato semplicemente il prodotto del marketing ottocentesco, passato alla storia per aver distrutto il telaio che a detta sua gli avrebbe rubato il lavoro, essendo lui un tessitore. Da lì nacque il movimento Luddista, nato per contrastare il progresso e la tecnologia in genere. Movimento che, va detto, fu un buco nell’acqua, perché non puoi fermare il progresso.

Per darti ulteriore conferma qualora ti servisse, voglio farti una brevissima lista di mestieri che fino a ieri l’altro c’erano e c’erano eccome, ma oggi sono stati sostituiti da… Robot, macchine, automi. Te li elenco:

  • Raccoglitore di birilli del bowling, utilissimo tra uno strike e l’altro;
  • Accenditore di lampioni, fondamentale per non andare a sbattere con il calesse;
  • Tagliatore del ghiaccio, che veniva poi usato per refrigerare, non c’erano i frigoriferi, a proposito ecco il robot che ha distrutto l’antichissima e nobilissima arte di tagliare il ghiaccio, mica come oggi che non è più freddo come un tempo;
  • Centralinista telefonica, che chissà quante telefonate da un amante all’altro avrà passato, tra una risatina e l’altra;
  • Lettore nelle fabbriche, che intratteneva gli operai e rallegrava le loro ore passate a lavorare, oggi pace all’anima sua in virtù della capitalistica radio;
  • E poi la mia preferita, l’Uomo Aquilone. Hai capito bene: praticamente questo povero Cristo veniva issato in aria grazie a degli aquiloni in tempo di guerra, e serviva a vedere l’arrivo del nemico e segnalarlo con tempismo; ne avranno impallinati tantissimi.
  • Ma c’è di più: il lavabicchieri, oggi sostituito da una lavastoviglie. L’addetto al fuoco del forno a legna, ogni sostituito da gas, elettricità e così via. E il cuoco scarso, almeno uno per cucina, oggi sostituito da forni di ultima generazione.

Cosa voglio dire con tutti questi esempi, più o meno calzanti con il nostro mondo? 

Che non dobbiamo fare i Luddisti. 

Ecco, cara amica ristoratrice, caro amico ristoratore, non fare il luddista. La storia ci insegna che il progresso non si può fermare e va bene così.

Oggi nessuno può prescindere dall’avere in cucina una lavastoviglie, laddove ieri c’era un tizio o una tizia che lavava tutto il giorno e spesso tutta la notte. Oggi nessuno accende più lampioni, raccoglie i birilli e vola su degli aquiloni per controllare la presenza dei nazisti. Per fortuna, aggiungo io.

Guarda, al di là della facile retorica, la storia ci insegna che il progresso ha una costante: toglie dal mercato i lavori a basso-bassissimo valore aggiunto (e aumenta il numero di posti di lavoro ad alto-altissimo valore aggiunto, del resto c’è bisogno di gente che progetti e monti questi maledetti robot, o no?)

E bisogna che ce lo diciamo chiaramente: friggere patatine, lavare tazzine o controllare il brasato NON sono lavori ad alto valore aggiunto. E MAGARI trovassimo il modo di sostituirli in toto, magari.

Ne gioverebbero anche i cuochi, i camerieri o i ristoratori che ora lo vedono come il male incarnato. Per due ragioni:

  1. La prima è che avrebbero tempo da dedicare alle cose importanti, tipo la ricettazione, la creazione di nuovi piatti, la finitura degli stessi durante il servizio, l’impiattamento, il controllo qualità, la direzione lavori, il servizio, il marketing, il controllo di gestione ecc;
  2. La seconda è che se volessero continuare a friggere patatine, lavare tazzine a mano o controllare il brasato, potrebbero sfruttare tutte queste cose come arme di marketing. Infatti il “fatto a mano” è una potentissima leva per distinguersi da tutti quei ristoratori che fanno far da mangiare a delle fredde macchine, mica come noi che cuciniamo con la legna le ricette di nonna e controlliamo pedissequamente minuto per minuto l’arrosto che gira nel forno!

Ora, davanti a noi abbiamo uno scenario leggermente diverso perché alcuni studiosi e gente molto più importante di me sostiene che siamo prossimi alla realizzazione di una Intelligenza Artificiale Generale, molto più sveglia e sul pezzo di chiunque di noi, che rischia di rubare il lavoro anche ad alto-altissimo valore aggiunto.Se chiedi a me cosa ne penso, non ci credo, sia perché ci sono tanti autori altrettanto brillanti che la trovano un’ipotesi irrealistica, sia perché non credo che l’intelligenza umana sia ripetibile, figuriamoci migliorabile. Ma sai che c’è? C’è che ci spero.

Ne voglio 83 di quelle macchine, 128, 492, voglio lo sconto quantità e pagarle a 90 giorni con assegno post-datato. Le voglio in batteria in un capannone e voglio dotarmi di un robusto scudiscio per frustarle a mo’ di schiavo egizio se non sono veramente intelligenti come me le aveva dipinte il fornitore, le voglio sul pezzissimo mentre lavorano incessantemente per me, per i miei dipendenti umani e mi mantengono a vita, me e le future generazioni.

Io sono un inguaribile ottimista: l’uomo trova sempre una strada. Quando non la trova, la crea. Con buona pace dei robot.

Ma non dobbiamo temerli, dobbiamo sfruttarli!

Riflessione #2 Poche persone, chiave, formate, pagate, amate.

Guarda, ho un’altra certezza: la ristorazione non potrà mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai prescindere dalle persone. Mai. L’ho già detto mai?

E sai perché? Perché ci rivolgiamo ad esseri umani che troveranno sempre del valore aggiunto in un altro essere umano.

Sogno un mondo dove le cucine sono totalmente robotizzate e automatizzate. Dove schiacci 3 tasti e parte la ricetta pre-impostata da uno chef con i controcazzi che li controlla con il fucile puntato, la quale ricetta viene preparata in 12 secondi netti dall’ammasso di cavi e sensori che dice pure grazie mentre lo chef guarda di sbieco la sua fredda ferraglia, e una sala gremita di clienti contenti serviti da camerieri mega-preparati che sanno vita, morte e miracoli di tutto ciò che in cucina e della filosofia del locale di cui fanno parte. E magari questi camerieri sono aiutati da robot che sbarazzano, puliscono per terra e riassettano il locale.

MA-GA-RI.

Ci metto 17 firme. E ripeto questa cosa non toglie niente a chi vuole fare ristorazione come la si fa oggi. Ma che dico a chi la vuole fare oggi, a chi la vuole fare come 1.000 anni fa, cucinando sul fuoco le bistecche di Mammuth e i filetti di mostri giurassici oggi estinti.

Nel mercato ci saranno entrambi i format, e daranno a tutti opportunità per differenziarsi l’un l’altro, per fornire ai propri clienti valide ragioni per frequentare l’uno o l’altro format, e sai che c’è? Che io non vedo l’ora di frequentare entrambi. Tradizione, come si è sempre fatta, e innovazione, come si è sempre fatta, a seconda di quel che ho voglia.

In questo scenario, non possiamo prescindere da uomini e donne che saranno la colonna portante dei nostri locali e che continueranno ad esserci, sempre e comunque.

Saranno meno? Certo che sì. Ma saranno MEGLIO.

Più formati.

Più competenti.

Più attenzionati.

Con un rapporto più stretto con la proprietà.

Con più responsabilità.

Con più valore aggiunto.

Quindi con stipendi più alti (finalmente inizieremo a parlare di produttività e di valore orario, che non se ne parla abbastanza!)

Con meno lavori faticosi o rischiosi.

Con meno mansioni alienanti.

Con più giorni liberi.

Con un rapporto vita-lavoro più favorevole, eccetera.

Perché reputo probabile che questo accada? Perché sta già accadendo, da decenni.

Tutti i vantaggi appena elencati (formazione, competenze, valore aggiunto, responsabilità, meno sbatti, più rapporto vita-lavoro ecc) stanno già accadendo da decenni. Oggi si sta meglio di ieri. Si lavora meno. Si rischia di meno. A parità di ore si guadagna di più.E questa cosa migliorerà, anche grazie alla robotica, a patto che ci evolviamo di conseguenza. A patto che miglioriamo di conseguenza. A patto che non vogliamo fare i pigri piagnoni e aspettiamo che il pane finisca sul nostro piatto senza fare alcunché.

Ho detto quasi tutto quello che pensavo a riguardo.

Fammi sapere cosa ne pensi tu, se pensi che sia il sogno utopico di uno che dorme in piedi oppure uno scenario più che probabile. Io ci credo, e lo dimostro perché ci sto facendo da 10 anni un piano d’accumulo, quindi ci spero pure!

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