RR 075 | Il successo di Max Mariola era inevitabile: 3 ragioni (e una sfida)

Oggi parliamo di Max Mariola e del suo ristorante che, dal mio punto di vista, rappresentava un successo inevitabile e assolutamente prevedibile. Lo scopo non è fare gossip ma è dare spunti a chi ascolta Radio Ristorazione per replicare quanto fatto da altri nella propria attività.

Bentrovata e bentrovato, qui al microfono c’è sempre il tuo, il vostro, il nostro Lorenzo Ferrari che come sempre sono io. Un Lorenzo Ferrari raffreddato, che si scusa per la voce nasale ed eventuali colpi di tosse, ma meglio una puntata del podcast registrata con questa voce rispetto ad un’assenza di puntata, giusto? Giusto.

Chi è Max Mariola per chi fosse sparito dal pianeta terra negli ultimi 10 anni? Leggo da Wikipedia e, per i più accorti, già il fatto che abbia una pagina Wikipedia è indicativo del fatto che sia un volto noto e riconoscibile.

Massimiliano Mariola, detto Max, anno 1969, è un cuoco, conduttore televisivo già volto di Gambero Rosso Channel, canale satellitare di Sky. Nel 2018 diventa pure youtuber, lanciando il canale YouTube Chef Max Mariola e i profili social collegati. Il 24 gennaio 2024 inaugura poi a Milano un ristorante che porta il suo nome “Max Mariola – Il ristorante”.

Un locale che, almeno a giudicare dall’hype che vedo sui social network, dalle recensioni e soprattutto dalle orde di clienti che lo affollano, si può già definire un vero e proprio successo. Cosa che, secondo me, era sia prevedibile che… Inevitabile. 

Ci sono almeno 3 ragioni secondo le quali il ristorante di Max Mariola non poteva essere altro che un successo. Poi oh, tutto può capitare in futuro, e magari fallisce domattina, ma di certo non glielo auguro e soprattutto non sarà per colpa del marketing, che è fatto benone.

Partiamo dalla prima ragione.

RAGIONE #1 LA FOLLA AFFAMATA

Diversi anni fa ero un appassionato e accanito lettore della newsletter di Gary Halbert. Un po’ mi vergogno a dirlo, un po’ no perché comunque ho bellissimi ricordi di quei periodi, beh, quella newsletter era la mia lettura della buonanotte. 

Oggi sono cresciuto eh e ho hobby più edificanti, come fare l’orto o andare a funghi (a proposito, annata 2024 da paura, una delle migliori di sempre!)

Dicevamo, Gary Halbert, un famosissimo copywriter, quindi colui il quale si occupa della scrittura di materiali pubblicitari e in particolare di lettere di vendite. Un tizio veramente controverso e quindi non lo consiglio ai deboli di cuore. Comunque, in uno dei suoi seminari, raccontò un aneddoto che diventò poi parecchio famoso. 

Parlava di come aprire un chiosco di Hot Dog di successo. Chiese al pubblico quale fosse, secondo loro, il singolo ingrediente che, da solo, avrebbe decretato il successo interstellare del chiosco, garantendogli un futuro roseo e un conto in banca stellare.

I partecipanti proposero diverse idee:

  1. Alcuni dissero la location;
  2. Altri gli hot dog di estrema qualità;
  3. Altri ancora la miglior senape o condimenti;
  4. Burro fuso!
  5. Altri più avveniristici dissero che si sarebbe dovuto volantinare nella zona o comunque fare pubblicità;
  6. Altri dissero il personale, che sarebbe dovuto essere cordiale, simpatico ma professionale…
  7. E così via, le opinioni, come sempre, si sprecavano.

Il nostro Gary disse no, nein, niet: “No, l’unica cosa di cui avete bisogno affinché il chiosco di Hot Dog abbia successo è una folla affamata!”

Una folla affamata.

Ecco, tornando al Max Nazionale, lui aveva, ha ed avrà una folla affamata: la sua community. Che era, è e rimarrà gigante. Ad oggi conta 3M di follower su Instagram, chissà quanti sugli altri social e infiniti telespettatori grazie al suo programma su Sky. Grazie ad essi è diventato un vero e proprio personaggio popolare, cool, positivo, ha addirittura degli imitatori che lo perculano bonariamente, cosa che fa un gran bene alla sua popolarità. 

Ma non solo, perché è forte. Sui social buca lo schermo, fa delle collaborazioni con i più noti influencer al mondo, non solamente italiani, macina seguito un giorno dopo l’altro. Insomma, dal punto di vista della visibilità era ed è altissima, e ha fatto quanto più di intelligente potesse fare: ha colto l’attimo monetizzandola con il suo ristorante. Una scelta che trovo coerente, intelligente, efficace. 

Anzi, di più: è il modo giusto, l’unico che esista, per aprire un locale di successo dal giorno uno. Costruire la propria folla affamata PRIMA di aprire e investire. PRIMA, non dopo.

E questo i suoi “fan”, perché non sono soltanto clienti, ma veri e propri “fan”, che è l’abbreviativo di “fanatic”, glielo scrivono proprio nelle recensioni: gli dicono grazie, grazie di averli fatti emozionare, di averli fatti appassionare alla cucina e di continuare ad emozionarli.

Che figata si può dire?

RAGIONE #2 LO SHOW

Come detto, Max Mariola, è uno show-man. Può piacere o non piacere, e quelli son gusti personali di ognuno di noi, ma non si può dire che non sia bravo.

Ripeto, buca lo schermo, col suo accento romanesco fa innamorare tutte le signore e con i suoi bicipiti da palestrato fa colpo sui signori, perché si sa che quelli li guardiamo più noi che le signore, canna le ricette, dice uno strafalcione dopo l’altro che Luca Giurato spostati, ma gliele perdoni tutte. 

Perché è bravo, simpatico, sornione e trasmette allegria.E questo suo show, questo suo modo di fare istrionico e intrattenente, non è solo parte dei social, ma l’ha riportato pari-pari dentro al suo locale, rendendolo il vero e proprio punto di forza, la sua Identità Differenziante. 

Infatti lo show è onnipresente nella presentazione e nel servizio dei piatti dentro al suo locale. 

Prendiamo la Carbonara, ad esempio. Come viene proposta? Nel classico ristorante qualunque semplicemente ti arriva la carbonara a tavola, la mangi, ti piace o non ti piace, ciao grazie. Da Max Mariola cosa succede? 

Arriva direttamente Max o chi per lui al tavolo, con un carrellino con i fuochi e le padelle, e la carbonara pronta per essere terminata. Poi lo chef aggiunge la carbocrema, come va di moda chiamarla adesso, un poco d’acqua se la consistenza lo richiede, poi impiatta il tutto davanti agli occhi del cliente (e i telefonini di tutti i commensali, che fanno il video e contribuiscono a far girare il contenuto) aggiunge guanciale croccante, pecorino a pioggia e voilà, il piatto è servito. 

Prezzo? 30€ per persona, minimo due persone.

Il tiramisù? Idem, espresso e montato al tavolo.  9€ a porzione. Ma cosa gli vuoi dire se non bravissimo?

Insomma, il focus non è tanto sul prodotto, seppur son convinto utilizzino materie prime ricercate, scelte e di qualità, quanto sul servizio.

Che, se ci pensate, è quello che tutti i clienti percepiscono, nessuno escluso. 

La qualità del prodotto ok, alcuni riescono a percepirla, e a giudicarla, ma la maggior parte dei clienti no. La maggior parte dei clienti non distingue un filetto di vitello da uno di maiale, un’orata da un branzino, un pane con lievito madre da uno con lievito di birra. Ma il servizio TUTTI lo percepiscono e lo possono percepire. Non devi aver “studiato” per essere intrattenuto, non devi aver mangiato 42 carbonare autentiche in centro a Roma per capire che quella che ti stanno servendo con il rituale magico è speciale, è diversa, è memorabile. Non devi capire niente, devi solo avere due occhi e un cervello separato da due orecchie. Non ti serve neanche la bocca, quella arriva dopo.

E questo è il segreto di Pulcinella di Max Mariola e del suo ristorante: un servizio figo, divertente, intrattenente, che crea chiacchiericcio, passaparola, video sui social, tag dappertutto, articoli ovunque, visibilità, esposizione mediatica, persino qualcuno che si triggera, si incazza e salta per aria come una bottiglia di spumante per l’igiene che non c’è, perché la carbonara l’ha mangiata più bona a casa da Mamma, perché come la fa lui la carbonara non la fa nessuno e perché se non gli si rompeva il crociato adesso giocava in serie A (questo meme è per pochi)

Siore, siori, niente di nuovo: SHOW, show, show.

Lo so che lo sapete. Lo so che avete studiato. So che conoscete l’importanza della cosa, solo che tutti lo dicono, tutti lo conoscono, tutti lo sanno, tutti ne parlano, ma non lo fa, davvero, nessuno. Un po’ come andare in palestra: lo sappiamo che fa bene. Ma ci andiamo?

Max Mariola lo fa. Non solo lo show, ma anche la palestra. E fa bene entrambe le cose. Fallo anche tu.

RAGIONE #3 PREZZI ALTI SENZA ESSERE UN RISTORANTE DI LUSSO

Il nostro Max riesce a vendere a prezzi alti-altissimi e questo, nel mondo della ristorazione, è raro, seppur sempre più frequente. 

Antipasti ad una media di 18€, carbonara a 30€, cotolettone 60€, gli altri secondi a 26€ cadauno, contorni tutti a 9€, tiramisù 9€, gelato alla carbonara a 14€, ma di cosa stiamo parlando?

Sì, va bene, siamo a Milano, ma io a Milano c’ho vissuto fino all’altro ieri, vado a Milano una volta a settimana e i prezzi NON sono questi. Questi sono prezzi più alti della media meneghina. E va benissimo così.

Per due ragioni:

  1. Il prezzo è lo specchio del valore: cresce il valore percepito, deve crescere il prezzo;
  2. Ne vende a pacchi, e ha ragione lui.

E poi fatemi fare il Capitan Ovvio.

Ragazzi, questi prezzi generano marginalità. E le marginalità son quelle che tengono in vita tutte le aziende del mondo, persino il mondo stesso.

Queste marginalità andranno a comporre l’EBITDA, cioè il margine lordo, poi gli utili, quindi la capacità di Max di re-investire, quindi di guadagnare, far guadagnare i suoi ragazzi e arricchire tutti quanti.

Saper vendere a prezzi alti, facendosi pagare, facendosi riconoscere il valore che si propone al mercato, è un’abilità pazzesca nel 2024 e lo sarà anche negli anni a venire, e Max non solo l’ha capito, ma l’ha dominata questa abilità.

Però c’è un però: che nonostante i prezzi alti, questo è un ristorante che appare per tutti. 

Lo si vede dal design, che è ricercato ma risulta caldo e accessibile, persino informale a tratti. Ad un’occhiata più approfondita non è un locale esclusivo, fighetto, ricercato, con la puzza sotto al naso, per pochi eletti, per la Milano bene, per chi ha la fabbrichetta e l’attico in Brera, no, questo locale è per tutti, e lo è dichiaratamente. La casalinga che guarda il Max in televisione e sogna di incontrarlo, il ragazzo che lo stima e non vede l’ora di farsi un selfie con lui, l’avvocato con l’hobby dei social media che vuole vedere il dietro le quinte… Questo locale è praticamente per tutti.

Ma rimangono i fatti di cui sopra riguardanti i prezzi. Insomma, un locale popolare per tutti, ma con i prezzi alti e quindi le marginalità stellari (almeno su carta, non ho guardato il bilancio anche perché non credo sia stato ancora depositato)

Praticamente il sogno bagnato di qualsiasi ristoratore.

E sembra che nei fatturati si rispecchino questi dati visto che, in alcune interviste, parla di un fatturato PREVISTO — attenzione: previsto, quindi prendetelo con le pinze — tra i 4 e i 5 milioni l’anno che, per un solo locale, poco non è. 

Facendo due conti spannometrici trovo che non sia una sparata, anzi, sia abbastanza aderente alla realtà. E poi non credo, almeno, lo spero, che non abbia tirato numeri a caso consapevole che poi, presto o tardi, sarebbe arrivata la smentita. Insomma, gli auguro che sia vero e che siano sempre di più.

Difetti ne ha?

In tutta sincerità, faccio davvero fatica a trovare qualcosa di sbagliato o che cambierei in questo format. Piuttosto, parlerei di SFIDE, ma ne parlo tra pochissimo.

Prima, giusto un difetto: prendere i contatti dei clienti. Perché va bene i follower sui social e i numeri INFINITI che lo seguono, perché muove milioni di persone per davvero, ma sarebbe carino ed estremamente redditizio che iniziasse a fare lead generation e in generale che raccogliesse i contatti dei clienti portandoli FUORI dai social, in una lista da lui detenuta e controllata.

Facesse questo, altro che influencer, youtuber o volto televisivo, questo sarebbe un imprenditore fatto e finito.

Detto ciò, le sfide. Quali si troverà di fronte? Una in particolare. La solita, quella di chi basa il proprio successo e la propria popolarità su sé stesso: passare da personal brand a brand vero e proprio.

La domanda che tutti si stanno facendo, infatti, è questa: fino a quando durerà? Moda passeggera o destinato a durare?

Infatti, terminato l’hype, terminata la moda di dover provare assolutamente il ristorante di Max Mariola, terminato il chiacchiericcio del momento che porta clienti a più non posso, cosa succederà? La clientela si fidelizzerà? Sotto al fumo ci sarà l’arrosto? Ci sarà quindi spazio per altre aperture? Questo locale, tra 10 anni, sarà ancora qua? Sarà com’è adesso?

Tutte domande alle quali io non ho risposta. Ma ho una certezza: da oggi in avanti, la sfida è questa: dimostrare a tutti che non è solo una moda passeggera, ma un progetto solido e con prospettive future.

In ogni modo bravo a Max Mariola, hai costruito un bel format e ti auguro il meglio.

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