RR 088 | Parliamo di NO SHOW (che ti costa più di 15.000€ l’anno)

I no-show sono uno dei comportamenti più frustranti per i ristoratori e ritenuti scorretti dagli stessi. Una prenotazione non rispettata è più di un semplice coperto vuoto: è tempo, risorse e opportunità perse. E specialmente un giramento di attributi che assomiglia al rotore di un elicottero. Ma quanto è diffuso il fenomeno in Italia? Quanto costa? E come possiamo affrontarlo? Scopriamolo insieme nella nuova puntata di Radio Ristorazione.

Bentrovata e bentrovato, qui al microfono c’è sempre il tuo, il vostro, il nostro Lorenzo Ferrari che come sempre sono io. 

Oggi voglio parlarti di un tema delicato e, purtroppo, molto attuale per chi lavora nella ristorazione: i no-show. 

Partiamo dalle definizioni. Un No Show, contrariamente a quanto si pensa, non è solamente un cliente che prenota e non si presenta.

Ma ci sono due situazioni:

  1. Quella in cui un ospite fa una prenotazione, non si presenta e non avvisa della cancellazione (si vede che aveva meglio da fare, sarà stato sicuramente impegnato a salvare il mondo oppure a frenare l’avanzamento di una civiltà aliena e nemica)
  2. Ricevi una prenotazione per un gruppo e non si presentano tutti, ad esempio prenota una tavolata da 20 e si presentano in 18. In questo caso parliamo di no show parziale.

Ci tengo a riportare questa definizione perché, spesso (se non sempre), quando pensiamo ai no show pensiamo solamente a chi non si presenta e ci lascia con un tavolo vuoto, magari in una serata di punta. 

Dobbiamo però considerare come no show anche chi fa un no show parziale, perché per i ristoratori comporta sempre una perdita, lasciando i nostri amici, “cornuti e mazziati”, visto che si trovano con un tavolo vuoto, con difficoltà a rimpiazzarlo e con tutti i santi del calendario invocati uno ad uno.

Dunque, oggi vorrei inquadrare il fenomeno e fornirti un paio di soluzioni pratiche e alla mano per cercare di depotenziarlo. Partiamo dai numeri, passiamo a un aneddoto significativo e concludiamo con alcune soluzioni pratiche per affrontare il problema.

Innanzitutto i numeri: quanto è diffuso questo fenomeno? 

Noi di RISTORATORETOP e Plateform lo sappiamo molto bene. Infatti. secondo i dati analizzati dal nostro Osservatorio Ristorazione su 16 milioni di coperti transati su Plateform, la nostra piattaforma di prenotazioni e marketing per il food, i no-show in Italia si distribuiscono in modo diverso a seconda della fonte di prenotazione.

Abbiamo infatti 4 fonti di prenotazioni principali: online, telefoniche, tramite il Prenota con Google (quindi dalle mappe oppure dalla scheda) e dalla fila, quindi tutti quei clienti che si accomodano in coda e poi diventano veri e propri coperti.

Questi i dati analizzati:

  • Prenotazioni online: il tasso di no-show è del 2,44% (in lieve aumento rispetto al 2,38% dell’anno prima).
  • Prenotazioni telefoniche: qui il dato scende all’1,58%. Se il cliente chiama, è meno incline a non presentarsi senza avvisare;
  • Prenota con Google: il no-show sale al 4,09%, seppur in calo rispetto al 4,8% dell’anno precedente;
  • Clienti in coda: hanno il tasso di no-show più alto, con il 15,75% che abbandona la fila per scegliere un’altra destinazione.

Cosa significa? 

Significa che, ragionevolmente, 2 prenotazioni su 100 si trasformano in un no-show sui canali tradizionali (online e telefono) e il numero aumenta in altri canali meno diffusi (come Google e la coda)

Questi numeri, sebbene apparentemente piccoli, rappresentano un danno significativo per chi deve gestire risorse limitate come spazio, personale e materie prime.

Si fa presto a capire quanto “vale” il no-show per un ristorante a caso, non tanto in termini di costi, che variano da locale a locale, quando di mancato incasso.

Seguimi perché farò due esempi e ti darò le armi per calcolarlo nel tuo caso specifico.

Diciamo che Osteria Lorenzana è un’osteria tradizionale di Reggio Emilia, coperto medio 30€, che riceve 20 prenotazioni al giorno. Sappiamo dai dati gentilmente forniti da Plateform che per ogni prenotazione sono associate 3,8 coperti, quindi 20 prenotazioni x 3,8 coperti = 76 coperti per giorno di apertura.

Un tasso di no-show del 2% equivale a perdere 1,52 coperti al giorno, cioè 45€ di mancato incasso. Per 350 giorni di apertura fanno 15.750€ l’anno. 

Altro esempio, pizzeria, coperto medio 18€, 30 prenotazioni al giorno, 114 coperti al giorno, 2,28 coperti di no-show al giorno, fanno 14.364€ l’anno, arrivederci e grazie e torni presto a trovarci.

Non ci spostiamo tanto da quei 15.000€ di cui parlavo nel titolo.

Un tasso di no-show del 2% sembra poco, ma non è poco. Si fa presto a costarti 15k l’anno. E la cosa più frustrante è che la clientela finale non sembra preoccuparsene più di tanto, sminuendo il fenomeno o cercando di depotenziarlo.

“Tanto quel tavolo lo rimpiazzi” Io magari lo rimpiazzo, ma tu sii gentile e avvisa, che magari mi aiuti ad aumentare le chance di rimpiazzarlo.

“Comunque guadagnate un sacco di soldi!” Questo può essere vero ma non toglie nulla alla gravità e alla maleducazione di un no-show.

Insomma, ogni tanto farebbe bene al cuore e all’anima un po’ di empatia e di capacità di mettersi nei panni del ristoratore. Un no-show è un danno, grande, ed evitare la gravità del tutto è facile: basta avvisare.

Quindi, cari clienti finali, se siete all’ascolto: gli imprevisti capitano. Ma avvisateci con anticipo. Saremo molto più accomodanti nei vostri confronti.

Che poi i no-show creano dei mostri. E la situazione si fa calda, anzi, caldissima. A riguardo, ti racconto un aneddoto che recentemente è apparso sul nostro gruppo Facebook.

Scrive Valerio: “Amici e colleghi buongiorno. Vorrei condividere con voi un episodio che mi ha fatto riflettere. Un ristorante di gamma medio-alta aveva una prenotazione per 42 persone, con una cena a 42 euro a persona. Alla fine, si presentano in 41: una persona, bloccata in autostrada a causa di un incidente, avvisa che non potrà arrivare. Il ristoratore, però, pretende il pagamento per tutte e 42 le persone prenotate, sostenendo che “chi prenota paga, a prescindere”.”

Cosa ne penso a riguardo?

Ne penso che, formalmente, il ristoratore ha ragione: 42 coperti prenotati, 42 coperti pagano. La prenotazione, seppur non è ancora considerata come tale, è paragonabile ad un contratto tra il ristoratore e il cliente: io, ristoratore, mi organizzo per servirvi al meglio e voi, clienti, vi organizzate per non paccare e pagare il dovuto.

Quindi, dal punto di vista formale, problemi non ne vedo: prenotazione da 42, conto da 42.

Tuttavia, in questo caso, un po’ di flessibilità e buon senso avrebbero fatto una grande differenza. 

1 coperto mancante su 42, pari al 2%.

Quindi un danno del 2% di mancato incasso. Come detto poco più sopra, perfettamente in linea con le statistiche nazionali. 

Di cosa stiamo parlando? Il ristoratore ha guadagnato 42€, ma si è anche guadagnato 41 clienti che parleranno male di lui e che non faranno ritorno.

Perché il gesto del ristoratore è stato percepito come ingiusto, come spropositato, come “overkill” se vi piacciono i termini videoludici, dai 41 clienti presenti, che probabilmente non parleranno bene del locale dopo questa esperienza e che di certo se potranno scegliere, non torneranno.

Morale? Va bene pretendere ed esigere rispetto. Perché nei confronti della categoria ce n’è troppo poco e ogni volta è visto come una gentile concessione da parte del cliente, e non come un sacrosanto diritto acquisito. 

Tuttavia, a volte, la rigidità di un ristoratore può costare molto più di un mancato incasso, danneggiando il passaparola e la reputazione del locale.

Come possiamo affrontare i no-show in modo strategico? 

Ecco 5 proposte pratiche:

  1. Doppia conferma: utilizza sistemi di prenotazione che richiedano una conferma aggiuntiva, via SMS, tramite Whatsapp o email, il giorno prima della prenotazione. Questo dà al cliente una “exit strategy” facile ed immediata. Spesso i clienti si vergognano di dire che non verranno o semplicemente si dimenticano. Questa semplice strategia agisce su entrambi i fronti. Fa passare ogni vergogna a chi si vergogna e ricorda a chi si dimentica. Questo può ridurre significativamente i no-show.
  2. Comunicazione chiara: informa i clienti, al momento della prenotazione, delle politiche di cancellazione del locale. Se un cliente sa che la mancata presentazione comporta un costo, oppure l’impossibilità di prentoare successivamente, oppure l’iscrizione ad una black list, oppure una macumba africana fatta dal tuo personale di sala, starà più attento.
  3. Introduzione di caparre o carte di credito a garanzia: chiedere una carta di credito a garanzia della prenotazione oppure un acconto al momento della prenotazione è qualcosa di totalmente normale in un settore affine al nostro, come quello alberghiero. Sarebbe davvero strano, oggi, prenotare una stanza in un hotel senza fornire una delle due cose di cui sopra. Invece nel settore della ristorazione è ancora visto come un tabù, come un gesto scortese, come un “Ma che, non ti fidi?”. Quando dovrebbe essere semplicemente la norma. Invece non lo è, e di questo dobbiamo prendere atto e lavorare tutti, come categoria. Comunque, carta di credito a garanzia e/o caparre possono scoraggiare i no-show, ma chiaramente sono grandi deterrenti alla prenotazione, visto che non sono visti come consuetudini. Si legge: devi potertelo permettere. Se sei alle primissime armi e hai la sala vuota, il chiedere la carta di credito a garanzia potrebbe svuotarti il locale completamente perché visto da clienti e potenziali clienti come un po’ too much. Di contro, se hai un locale storico, fortemente posizionato, con un brand significativo, la carta di credito a garanzia non farà altro che confermare il tuo status e sarà percepito come sacrosanto dai tuoi clienti. Del resto, se Osteria da Mimmo chiede la carta di credito a garanzia per un tavolo da 2 il martedì sera, si prende gli insulti, se lo fa Bottura nessuno batte ciglio. Ingiusto? Certo, ma dovremo lavorare come categoria ancora MOLTO prima che questa situazione diventi la norma.. Insomma, usare con cautela, ma questo sistema funziona. Lo trovo invece necessario e fondamentale per eventi importanti, feste comandate o in generale grandi pranzi e cene con menu predefiniti. Se vuoi uno strumento che ti permette di farlo cerca Plateform.app, è il top sul mercato.
  4. Gestione smart dei tavoli: mantenere una lista d’attesa o la coda per poter rimpiazzare velocemente i tavoli non occupati da un no-show. Al momento della prenotazione dillo chiaramente: il tuo tavolo è prenotato per 15 minuti dal momento della prenotazione. Arrivi dopo? C’è la possibilità che lo abbiamo dato via, a qualcuno che era in coda oppure a qualcuno in lista d’attesa. Prendere o lasciare 🙂 Questa pratica, combinata con un’ottima organizzazione, può minimizzare le perdite. Certo, farai arrabbiare qualcuno, perché sembra che arrivare con mezz’ora di ritardo al ristorante sia la prassi, come se l’orario della prenotazione fosse indicativo, di massima, un parametro “più o meno su per giù” invece che un orario scritto sulla pietra. I clienti sono strani, e ti daranno la colpa, ma sarai dalla parte del giusto.
  5. Programmi fedeltà: significa bastone con chi fa un no-show (puoi inserirli in black list, Plateform ad esempio lo fa automaticamente attribuendo un tag “No show” a coloro che non si presentano) e carota con chi invece rispetta le regole. Ad esempio puoi dare punti aggiuntivi sulla tua fidelity card a chi rispetta puntualmente le prenotazioni, puoi applicare un coupon a chi segue le regole eccetera. Questo rafforza la relazione con il cliente e crea una cultura del rispetto.

Quindi, il fenomeno dei no-show è un problema complesso, ma non insormontabile. Con una combinazione di buon senso, flessibilità e strategie pratiche, i ristoratori possono mitigare i danni e trasformare una difficoltà in un’opportunità per migliorare la relazione con i clienti. 

E ricorda: a volte, un gesto di comprensione vale più di un incasso mancato.

Alla prossima puntata di Radio Ristorazione!

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